Ormai da qualche settimana anche per gli studenti veneti di ogni ordine e grado è ripiombato l’obbligo di seguire le lezioni da casa attraverso lo strumento della didattica a distanza (D.A.D.). Fatto che non riguardava tutti gli allievi fin dal marzo del 2020. Infatti finora solamente gli studenti delle scuole superiori usavano lo strumento delle videolezioni gestendo così la didattica. A parte per qualche particolare istituto dove la presenza diventa necessaria per l’esperienza in laboratorio.
Ma qual’è l’opinione in merito alla D.A.D.? Quali sono gli atteggiamenti e cosa pensano i ragazzi sulle videolezioni? Che effetti sta avendo nella formazione degli allievi sia per l’area degli apprendimenti che sulla crescita personale?
In questo periodo di Pandemia, noi operatori del centro COSP-ASTORI abbiamo avuto la possibilità di incontrare e interagire con gli allievi delle classi prime e seconde superiori all’interno del progetto formativo sull’emergenza COVID “Raccontati un po’”, facendoci un’idea su alcuni effetti e ricadute del D.A.D. La prima impressione generale è che le opinioni siano quasi in parità fra chi preferisce la D.A.D. e chi invece previlegia l’apprendimento e la lezione in presenza. La percentuale degli studenti che preferiscono la presenza è leggermente maggiore, ma non ha una incidenza così rilevante come ci si poteva aspettare. Questo ci ha fatto riflettere sul fatto che i ragazzi tendono a considerare la D.A.D. sotto due aspetti differenti: gli apprendimenti da una parte e il poter stare insieme con i compagni in presenza dall’altra. Dal punto di vista della didattica e degli insegnamenti emerge che i giovani preferiscono le lezioni a distanza in quanto riescono a gestire in modo più semplice il carico di lavoro e le spiegazioni con gli insegnanti. Eccezion fatta per alcune materie per loro più difficili.
Dall’altra però, pesa molto che non andando a scuola sono limitati nel poter vedere, vivere e incontrare i propri compagni. Spesso i loro interventi manifestano il dispiacere di non poter stare assieme, né confidarsi, ridere, o scherzare. Così come scambiarsi un abbraccio, o magari mangiare un panino assieme. Cioè poter condividere, aspetti e realtà della loro vita, con quelle persone che sentono più vicine: i propri amici. E poterlo fare “in presenza, in vicinanza”. La mancanza della “classe come luogo di relazione, confronto e crescita” emerge come un peso e quasi una sofferenza per la maggioranza delle opinioni.
I genitori invece, oltre a condividere queste apprensioni, in maggioranza si preoccupano per la qualità degli apprendimenti temendo un atteggiamento meno impegnato rispetto a quando i figli erano in presenza. D’altro canto non si può non sottolineare che emergano alcuni segnali di rilassamento e di disattenzione negli allievi, motivati anche dal fatto di svolgere le lezioni nella “comodità della propria stanza”. In tal senso sembra che la mancanza di quegli stimoli quotidiani legati all’alzarsi presto la mattina, prepararsi ad uscire, spostarsi per andare a scuola rischiano di incidere sull’atteggiamento dei ragazzi sulle lezioni da seguire, per cui per alcuni la D.A.D. sta diventando una “forma di lezione meno seria”, più distaccata dalla realtà a cui erano abituati. Vuoi per il periodo, vuoi per l’età (14-16 anni) l’attrazione verso le cose più comode e meno impegnative sembra risultare per alcuni un coefficiente importante e negativo, nell’equazione “scuola uguale studio uguale impegno”. Quasi fossero in attesa di tempi migliori.
La D.A.D. per la maggioranza degli allievi sembra comunque una valida e possibile soluzione rispetto la necessità di protezione dall’emergenza che stiamo vivendo. Ma questa scelta non può sostituire tutte quelle relazioni, contatti e vicinanze proprie del condividere momenti ed esperienze di socializzazione che i ragazzi cercano e di cui hanno così bisogno.