Un’esclamazione naturale che a ognuno può salire alle labbra, tornando a casa esausti dal lavoro, con una giornata piena sulle spalle e sedendoci a tavola e la famiglia raccolta tutt’intorno: “Ma quanto è bello tornare e trovare qualcuno che ti aspetta con cui parlare, scambiare opinioni e raccontarsi le notizie su “com’è andata la tua giornata?!”
Alle volte chi gode di tutto ciò non si rende conto della sua fortuna.
In questo tempo di pandemia sono state citate molte categorie sociali: con attenzione particolare agli anziani, soggetti fisicamente deboli e quindi maggiormente esposti al rischio. Poi si è rivolta l’attenzione alle necessità dei lavoratori e ai loro datori di lavoro e ad ogni settore imprenditoriale, nondimeno si è pensato ai giovani e all’intero mondo-scuola. Si è ragionato e commentato facendo riferimento a queste tipologie sociali, spesso perdendoci dietro ad un’iperbole di numeri, di pareri, di dati di contagio, il tutto “condito” da cifre in rosso con riferimento alla situazione economica, presentando un quadro sempre più incerto e nebuloso, anche in prospettiva di quello che si farà o si potrà fare domani.
Stiamo dimenticando un’altra fetta di società, spesso marginale, in quanto tende a fare meno notizia e quindi attira meno la nostra attenzione: sono le persone fragili.
Pensiamo a tutte quelle situazioni nelle quali degli individui vivono soli, con problematiche di debolezza psicologica e di solitudine, già a rischio di emarginazione anche prima del dilagare della pandemia, che in questo periodo di Covid-19 si stanno smarrendo in dinamiche sempre più di solitudine, di chiusura e di isolamento.
Ci sono persone sole, isolate dal contesto sociale, persone “semplici”, oppure che hanno alle spalle storie tormentate dal punto di vista familiare e/o coniugale, o una vita afflitta da malattie psichiche e non solo fisiche.
È chiaro che questa pandemia comporta delle limitazioni, imposte dagli organi preposti a tutela della cittadinanza, che stanno pesando sugli equilibri di tutti, sia da un punto di vista personale, che sociale. Persone che vivevano una realtà di difficoltà già prima dell’avvento di queste restrizioni, ora si ritrovano aggiunto il peso del Covid-19, che sbilancia i sentimenti, amplificandoli nei loro echi di incertezze, inquietudini e provvisorietà. Infatti i problemi, le turbe, i disordini in ordine alla sfera psicologica ed esistenziale, stanno aumentando un po’ per tutti, ma soprattutto per quelle persone dotate di meno risorse di resilienza.
Il lockdown totale o parziale, diventa così un motivo in più per chiudersi nella propria solitudine, correndo il rischio di non ricercare più quei contatti sociali tra amici e parenti, che sono spesso l’unico stimolo per poter andare avanti. Pesa e soprattutto limita l’opportunità di quei pochi contatti e le relazioni fidate, e sono proprio questo tipo di persone dall’equilibrio già precario, che ne soffrono di più, e ne pagano il prezzo più alto. Tendono a chiudersi, isolandosi nel sicuro della loro casa o della loro camera, trascurando anche il semplice aspetto fisico e la pulizia di sè.
Per questo tipo di persone non c’è solo il Covid-19 con cui combattere: il loro sentimento di disperazione rischia di aumentare perché non trova sfogo, né soddisfazione in quando già prima avevano poche possibilità di confronto interpersonale, ma ora, non potendo uscire, ogni forma di aiuto risulta bloccata. La relazione con il vicinato, gli incontri con gli amici, le attività con i gruppi amatoriali o anche della semplice parrocchia, gli sportelli di aiuto, le azioni dei gruppi di volontariato, sono un elenco di occasioni di impegni quotidiani che sono qualità e motivo di vita e danno il limite alla propria esistenza ed esperienza. Sono risorse che permettono di vivere, trovando così speranza, giustificazione e sostegno per la propria realtà.
Allora ecco che una telefonata ad un amico e/o conoscente, una visita con la scusa di un caffè “a-distanza”, sono estremante preziose, in quanto il tempo trascorso assieme diventa il ponte che permette di andare avanti.