Orientamento all’università: laurearsi oggi è un problema complesso

Siamo in un periodo nel quale si è già cominciato a pensare all’iscrizione all’Università. Faccenda che per alcuni ragazzi e ragazze tende immancabilmente a diventare quasi un “dovere”. A volte così lo pensano i genitori che vorrebbero il meglio per i loro figli. Lo pensano le istituzioni lavorative che non sempre possono offrire sbocchi professionali per i percorsi di studi scelti e desiderati dai giovanissimi. Lo pensano gli studenti interessati verso il termine del secondo ciclo della Scuola Secondaria Superiore, a volte stressati o un po’ demotivati.

Del resto a ben vedere l’obiettivo di laurearsi non è di certo “dietro l’angolo”. Infatti un numero importante di studenti iscritti al percorso universitario abbandona gli studi e lo lascia dopo il primo o il secondo anno (circa il 24% in Italia). Dato significativo in linea con altre nazioni europee (Belgio, Francia, Grecia, Olanda, Polonia).

In realtà lo studente che vuole iniziare l’Università si trova di fronte ad una frammentazione di corsi di laurea con programmi che non sempre risultano facili da comprendere. Solo una puntigliosa ricerca sui siti internet delle singole Università, così come un’ampia raccolta di informazioni, con le eventuali partecipazioni alle attività di presentazione ai corsi universitari, ai test di ingresso (a volte anche ripetuti), all’analisi su possibili sbocchi lavorativi e descrizione di profili professionali, può permettere di comprendere più dettagliatamente l’articolazione del sistema universitario o della Facoltà che vogliono scegliere.

Due fattori importanti

Ai fini dell’orientamento universitario è di estrema importanza far leva su alcuni fattori:

  • le motivazioni di base per l’iscrizione all’Università, dal momento che ogni curricolo universitario comporta sempre seri sforzi di studio sia per l’impegno che per le capacità richieste. Oltre a ciò da non sottovalutare sono i trasferimenti di residenza, la sistemazione in alloggi provvisori, l’adattamento a condizioni diverse di vita, di relazioni, di orari, tempi lunghi e le spese. Quindi è necessario riflettere e soppesare sé stessi, al fine di avere le idee chiare sulla propria convinzione, capacità ed idee;

  • la capacità di informarsi adeguatamente presso i siti web degli atenei, presso gli eventi ed opportunità proposte e ricorrendo talvolta a Centri specializzati per l’analisi delle proprie competenze. Infatti spesso presso il nostro centro COSP-Astori di Mogliano Veneto, si presentano ragazze e ragazzi che richiedono la possibilità di fare un orientamento universitario al fine di chiarirsi efficacemente le idee per poter scegliere con consapevolezza e maturità.

Una scelta consapevole dell’orientamento

Quando si avvicina il termine per iscriversi in prima superiore crescono i dubbi. Che scuola sce­gliere? Quale dà maggiori sbocchi nel mondo del lavoro? Il dubbio non rispar­mia i genitori, talvolta in crisi nel guidare il figlio in questo passo. Ecco qual­che consiglio, e qualche errore da cercare di evitare.

  • Quale consiglio dare per scegliere la scuola?

Conoscere la scuola che si vuole scegliere significa avere le idee chiare su tre fondamentali domande: Quali materie ci sono? In cosa mi prepara? (“Cosa imparo”). Dopo cosa posso fare una volta finito il percorso? (“accesso università e/o lavoro”). Sceglie­re una scuola che dia una buona cultura di base e non trascuri i linguaggi d’oggi (lingue e informatica). Inoltre se possibile, una scuola facilmente accessibile, non troppo lontana da casa, in modo che l’adolescente non sprechi troppe ener­gie e gli rimanga anche tempo libero dallo stu­dio. Se si può partecipate agli open-day

  • È bene guardare agli sbocchi professionali?

L’orientamento per le terze medie è un’occasione per introdurre il “tema del lavoro”. Chiedere “Cosa vorresti fare come lavoro” non vuol essere un esercizio di preveggenza. Ma creare un momento di confronto tra i pensieri più o meno fantasiosi dei ragazzi e i suggerimenti realistici, concreti dei genitori. Sempre dialogando e con curiosità rispetto alle prospettive future. Importante, durante la scuola superiore sarà effettuare degli stages lavorativi e realizzare esperienze di alternanza scuola-lavoro.

  • Quali errori il genitore non deve commettere?

Parlare troppo della scelta scolastica e con eccesso di preoccupazio­ne. L’effetto è duplice: crea ansia nei figli e li rende radicali le loro po­sizioni. Potrebbe quindi fare esattamente l’opposto di ciò che desi­dera il genitore.

  • Ma quanto possono i genitori intervenire sulla scelta?

In alcune occasioni i genitori si trovano a dover scegliere loro al posto dei figli. In altre, invece emerge che sono i ragazzi che tendono a voler decidere da soli senza consultarsi. Bisogna giungere a una mediazione: tenere conto degli interessi e attitudini dei figli, ma metterli in guardia da fattori non previ­sti sia prossimi che più in là nel tempo, da essi non conosciuti per mancanza di esperienza, attenzione e in alcune situazioni di volontà riflessione. E’ perciò op­portuno aiutare a compiere una scelta consapevole, elastica, che garan­tisca duttilità per il futuro.

  • I coetanei quale ruolo hanno nella scelta della scuola?

Spesso c’è il rischio che le motivazioni di una scelta provengano proprio da­gli amici. Il genitore deve quindi aiutare il figlio ad avere spirito critico, sen­za però creare sfiducia nei confronti del coetaneo.

  • E quando il papà medico o avvo­cato vuole che il figlio segua le sue orme?

Non bisogna mai tra­sferire nel figlio le ambizioni dei genitori e neppu­re caricarlo di aspettati­ve. Bisogna abituarlo ad avere piccole autonomie e responsabilità. Il genito­re deve dare consigli, ma non fare prediche: perchè sono nocive e controproducenti. E comunque non le seguono.

Orientamento in classe : scegliere il percorso di studi nel tempo del Covid

E’ opinione comune che la scuola stia vivendo una situazione particolare per cui è difficile trovare un paragone nella sua storia. Riuscire a svolgere le attività tra incertezze e rischi di rinvio, garantendo comunque continuità nelle lezioni e al contempo l’attivazione di tutte le proposte necessarie al percorso didattico degli allievi. Tra le varie iniziative, per gli alunni delle terze medie, si è presentato il fatidico dilemma della scelta della futura scuola superiore. Sì proprio adesso e proprio in questo periodo di emergenza, dove tutta l’attenzione sembra concentrarsi solo e unicamente sul “presente e sull’attuale”, ci si trova a dover di ipotizzare “il futuro”, “il cosa si farà dopo”, attraverso percorsi di ricerca e riflessione propri dell’orientamento.

Come si diceva, in certe scuole e dove è stato possibile, presidi e professori particolarmente ostinati-convinti sono riusciti ad organizzare iniziative nel campo dell’orientamento, per fornire un aiuto ai loro allievi e alle rispettive famiglie. In alcune occasioni siamo stati coinvolti e ciò ci ha permesso di fare esperienza diretta all’interno della classe tra i vissuti reali, le emozioni, le aspettative e le paure. Ci siamo resi conto di come i ragazzi, nonostante le limitazioni e le difficoltà dovute all’emergenza, hanno manifestato la volontà di andare avanti, di continuare nel proprio impegno di istruzione e di formazione di cui la scuola è “un naturale motore”. Nelle attività proposte sono stati attivi e impegnati cogliendo l’occasione con rinnovata volontà, quasi a significare il loro interpretare il futuro con fiducia e una carica di positività, che non sempre è stato facile riscontrare negli adulti in questo periodo.

A rifletterci, l’orientamento pone le sue basi sulle attitudini e gli interessi acquisiti dall’allievo per aiutarlo a proiettarsi nei percorsi di studio e di lavoro. Ha in sé, quindi una carica decisamente orientata al futuro e richiede confronto, riflessione personale e un atto di buona volontà e di fiducia. Infatti i bisogni di chiarimento e di accoglienza non sono né cambiati né stati minimizzati dalle pressioni e dalle limitazioni dell’emergenza Covid-19. Spesso nelle prove sono emerse le classiche domande sull’orientamento: “Cosa posso fare? – Quali sono i miei interessi? – Sono confuso non so proprio cosa scegliere!” Espressioni che sono una richiesta di aiuto posta sia ai professori che agli operatori, ma in primis ai propri genitori.

I genitori raccolgono questi inviti da parte dei figli confrontandosi però con le complessità di questo particolare momento. Essere presente, starli accanto, aiutarli e sostenerli è fondamentale ma non sempre è sufficiente per accompagnare i figli verso una corretta scelta di orientamento. Il toccare con mano la realtà scolastica presso gli istituti a volte può fare la differenza. Purtroppo in questi mesi gli accessi contingentati con numeri minimi di gruppi accettati, hanno portato a una limitazione per le iniziative di conoscenza delle scuole superiori: le cosiddette “giornate aperte”, altre attività come i laboratori, le visite accompagnate, la possibilità di partecipare a lezioni, esperienze molto significative ed estremamente apprezzate dagli allievi e dai genitori. Non tutto si potrà fare ma in alcuni istituti hanno messo a disposizione dei tutorial on-line e altre iniziative per poter rispondere alle esigenze delle persone.

In ogni caso, si percepisce la volontà in questi attori (genitori, insegnati ed operatori), a lavorare e continuare a sostenere la crescita dei giovani verso la ricerca del proprio percorso di vita e la realizzazione dei propri sogni.

Una scelta sbagliata …. un anno perso!

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Attività di riorientamento del Centro COSP-ASTORI di Mogliano Veneto

L’anno scolastico 2020/2021 è stato un anno travagliato tra lezioni in presenza e lezioni con la DAD (didattica a distanza). Queste situazioni hanno inciso e tuttora incidono sul normale svolgimento delle lezioni, ma soprattutto sull’andamento e sul rendimento scolastico degli allievi.

Per alcuni l’anno si concluderà in modo positivo, con la promozione tra bei voti e il plauso per un impegno mantenuto sempre costante. Per altri, invece, i risultati potranno essere più mediocri, legati alle difficoltà che gli allievi hanno sperimentato in questo periodo. Infatti, difficoltà di attenzione, concentrazione, un approssimativo metodo di studio, sono il bagaglio negativo che una parte degli allievi ha nello zaino, a prescindere dall’emergenza Covid e dalla DAD.

In più occasioni, come operatori del centro COSP-ASTORI esperti di orientamento, ci troviamo a confrontarci con situazioni di disagio e difficoltà sia degli allievi che dei loro genitori in merito a dolorosi fallimenti scolastici. Spesso interveniamo nel comprendere quali possono essere le cause che hanno portato un ragazzo/a alla bocciatura. Di sicuro le basi sono sempre quelle, legate ad un atteggiamento verso lo studio poco attento e scarsamente motivato. Oltre a ciò ci capita di confrontarci con situazioni personali di disagio più profondo, che toccano il piano delle relazioni (famiglia, compagni e insegnanti) e i livelli di serenità e di soddisfazione personale. Alcune cause si possono ricercare nella scelta del tipo di scuola precedentemente fatta, evitando di tener conto delle capacità, degli interessi, e delle propensioni del ragazzo. Scelte sbagliate legate a tentativi, “al voglio provare”, oppure per il semplice fascino di inseguire amici o amiche su percorsi in realtà poco adatti alle proprie attitudini. Per altre occasioni emergono come possibili cause consigli poco precisi o, in qualche occasione, del tutto inascoltati. Mentre, per altre situazioni, capita che allievi che ottenevano con facilità alle medie buoni voti, utilizzando un relativo impegno, incontrino gravi difficoltà nei primi anni delle scuole superiori. Tutti questi intoppi trovano la loro origine nel fatto che gli allievi, pur accedendo alle scuole superiori, pensano di poter studiare e quindi di doversi impegnare con gli stessi livelli qualitativi ed anche quantitativi, di come erano abituati alle scuole medie.

Andava tanto bene alle medie, bastava che stesse un po’ attento in classe e portava a casa tutti 7 e 8 con facilità!” ..….“Ora, sembra essere un altro ragazzo. I voti vanno male; è sempre triste, parla di meno e sembra aver perso interesse per tutto!”. I genitori, particolarmente le mamme, ci descrivono queste situazioni che creano disagio anche in famiglia, in quanto spesso ci si divide tra l’attesa “perché il ragazzo sta crescendo”, e il desiderio di intervenire per fornire al ragazzo un aiuto per superare il suo momento di disorientamento.

Un contributo fondamentale, infatti, sta nell’incontrare una persona esterna al mondo della scuola e della famiglia, che sappia comprendere il momento, ma sia equidistante e che aiuti il ragazzo nel percorso di consapevolezza rispetto alle proprie potenzialità, alle proprie preferenze e ai propri limiti. Questo tipo di percorso viene definito come “attività di ri-orientamento”: il focus sta nell’aumentare, per quanto possibile, la consapevolezza di sé e la concretezza delle scelte, sia dei ragazzi che delle famiglie, per favorire percorsi scolastici sereni, che motivino e che gratifichino gli allievi, sostenendoli nel difficile percorso nella ricerca della costruzione della propria identità all’interno di un mondo che cambia, pieno di suggestioni, falsi valori e comodità seducenti. Principi base dell’educazione, condivisi soprattutto dai genitori che si preoccupano nel vedere il proprio figlio attraversare questa impasse, ma che riescono in ogni caso a mantenere salda la fiducia che il loro impegno e la loro disponibilità nell’accompagnare la crescita del figlio non sia affatto del tempo perso. Anche coinvolgendo gli esperti per un lavoro di squadra.

Le persone “fragili” nel periodo del Covid-19

Un’esclamazione naturale che a ognuno può salire alle labbra, tornando a casa esausti dal lavoro, con una giornata piena sulle spalle e sedendoci a tavola e la famiglia raccolta tutt’intorno: “Ma quanto è bello tornare e trovare qualcuno che ti aspetta con cui parlare, scambiare opinioni e raccontarsi le notizie su “com’è andata la tua giornata?!”

Alle volte chi gode di tutto ciò non si rende conto della sua fortuna.

In questo tempo di pandemia sono state citate molte categorie sociali: con attenzione particolare agli anziani, soggetti fisicamente deboli e quindi maggiormente esposti al rischio. Poi si è rivolta l’attenzione alle necessità dei lavoratori e ai loro datori di lavoro e ad ogni settore imprenditoriale, nondimeno si è pensato ai giovani e all’intero mondo-scuola. Si è ragionato e commentato facendo riferimento a queste tipologie sociali, spesso perdendoci dietro ad un’iperbole di numeri, di pareri, di dati di contagio, il tutto “condito” da cifre in rosso con riferimento alla situazione economica, presentando un quadro sempre più incerto e nebuloso, anche in prospettiva di quello che si farà o si potrà fare domani.

Stiamo dimenticando un’altra fetta di società, spesso marginale, in quanto tende a fare meno notizia e quindi attira meno la nostra attenzione: sono le persone fragili.

Pensiamo a tutte quelle situazioni nelle quali degli individui vivono soli, con problematiche di debolezza psicologica e di solitudine, già a rischio di emarginazione anche prima del dilagare della pandemia, che in questo periodo di Covid-19 si stanno smarrendo in dinamiche sempre più di solitudine, di chiusura e di isolamento.

Ci sono persone sole, isolate dal contesto sociale, persone “semplici”, oppure che hanno alle spalle storie tormentate dal punto di vista familiare e/o coniugale, o una vita afflitta da malattie psichiche e non solo fisiche.

È chiaro che questa pandemia comporta delle limitazioni, imposte dagli organi preposti a tutela della cittadinanza, che stanno pesando sugli equilibri di tutti, sia da un punto di vista personale, che sociale. Persone che vivevano una realtà di difficoltà già prima dell’avvento di queste restrizioni, ora si ritrovano aggiunto il peso del Covid-19, che sbilancia i sentimenti, amplificandoli nei loro echi di incertezze, inquietudini e provvisorietà. Infatti i problemi, le turbe, i disordini in ordine alla sfera psicologica ed esistenziale, stanno aumentando un po’ per tutti, ma soprattutto per quelle persone dotate di meno risorse di resilienza.

Il lockdown totale o parziale, diventa così un motivo in più per chiudersi nella propria solitudine, correndo il rischio di non ricercare più quei contatti sociali tra amici e parenti, che sono spesso l’unico stimolo per poter andare avanti. Pesa e soprattutto limita l’opportunità di quei pochi contatti e le relazioni fidate, e sono proprio questo tipo di persone dall’equilibrio già precario, che ne soffrono di più, e ne pagano il prezzo più alto. Tendono a chiudersi, isolandosi nel sicuro della loro casa o della loro camera, trascurando anche il semplice aspetto fisico e la pulizia di sè.

Per questo tipo di persone non c’è solo il Covid-19 con cui combattere: il loro sentimento di disperazione rischia di aumentare perché non trova sfogo, né soddisfazione in quando già prima avevano poche possibilità di confronto interpersonale, ma ora, non potendo uscire, ogni forma di aiuto risulta bloccata. La relazione con il vicinato, gli incontri con gli amici, le attività con i gruppi amatoriali o anche della semplice parrocchia, gli sportelli di aiuto, le azioni dei gruppi di volontariato, sono un elenco di occasioni di impegni quotidiani che sono qualità e motivo di vita e danno il limite alla propria esistenza ed esperienza. Sono risorse che permettono di vivere, trovando così speranza, giustificazione e sostegno per la propria realtà.

Allora ecco che una telefonata ad un amico e/o conoscente, una visita con la scusa di un caffè “a-distanza”, sono estremante preziose, in quanto il tempo trascorso assieme diventa il ponte che permette di andare avanti.

Come i genitori e la famiglia possono aiutare i figli nelle scelte di orientamento

Anzitutto presentiamo un percorso da compiere in pratica nel compito orientativo:

conoscere e rispettare le capacità e le attitudini dei figli, i gusti, le inclinazioni, le propensioni e gli interessi, aiutandoli a verificare se sono in realtà dati oggettivi, sostenuti da un adeguato rendimento scolastico;

confrontare le scelte con la personalità del figlio, tenendo presenti elementi importanti, quali l’autonomia, la stima di sé, la maturazione emotiva e sociale, la crescita, la costanza nell’impegno, l’acquisizione di un buon metodo di studio e di lavoro;

assumere informazioni complete ed oggettive sui percorsi scolastici e sulle opportunità lavorative, facendo attenzione a non sopravalutare certi aspetti di un’informazione non corretta e incontrollata;

sostenere emotivamente ed affettivamente i figli nella strada intrapresa, soprattutto di fronte alle difficoltà che si presentano nella scuola secondaria, all’università e nell’inserimento lavorativo.

In secondo luogo ecco alcuni suggerimenti che ogni genitore può tenere presenti, per non commettere errori o compromettere l’esito del suo aiuto nell’orientamento:

essere consapevoli che quello dell’orientamento è un ambito umano esposto per sua natura all’incertezza;

imparare ad usare e armonizzare bene tutti gli elementi che costituiscono il percorso di orientamento in vista di un possibile inserimento lavorativo;

affrontare dei “rischi calcolati”, tenendo conto simultaneamente delle possibilità e dei limiti, compresi i fattori di sviluppo della personalità e del contesto sociale ed economico;

motivare allo sforzo e all’impegno, senza eccedere nelle esortazioni e nei rimproveri verbali, ma usando una corretta pedagogia, allo scopo di conse­guire mete che danno senso alla vita e realizzano le aspirazioni più profonde e autentiche della persona.

 

La dispersione scolastica nella provincia di Treviso

Anche quest’anno ‘’il carrozzone scolastico’’ è partito: sono già tre mesi che la scuola è iniziata tra le problematiche legate al rischio Covid e le difficoltà sul green pass, di cui soprassediamo ….

In ogni caso, il periodo didattico di novembre e dicembre è concentrato soprattutto per una fascia specifica: ci riferiamo alle classi terze medie che proprio in questi giorni stanno entrando nel vivo rispetto al percorso orientativo. Infatti in questi mesi gli alunni sono chiamati alla scelta della scuola superiore, le iscrizioni vanno effettuate online entro il prossimo gennaio.

Purtroppo anche quest’anno open-day blindati per la pandemia, e le riunioni e la valutazione dell’offerta formativa dei vari istituti viaggia in rete, e questo può essere un ostacolo verso una scelta ponderata dell’istituto che i ragazzi andranno a frequentare.

Ma quali risultati può dare una non corretta scelta del percorso scolastico?

Sicuramente, in primis pensiamo all’insoddisfazione e alle conseguenti difficoltà scolastiche dell’alunno, ma senz’altro un errato processo di orientamento può contribuire a implementare il fenomeno della dispersione scolastica.

Per dispersione scolastica si intende quel fenomeno che comporta ‘una interruzione prima del conseguimento del titolo di studio terminale nel percorso scolastico dei ragazzi’’. Le cause e i fattori che possono influire sull’insuccesso scolastico sono molteplici: sia di tipo sociale, che di tipo personale e quindi può aver a che vedere con problematiche legate al rapporto scuola-famiglia, all’offerta culturale del territorio, ai vissuti emotivi personali o al gradimento dell’attività. La dispersione quindi è causata dall’insuccesso scolastico che si verifica quando gli studenti non riescono a dispiegare pienamente il loro potenziale di apprendimento, soddisfacendo i propri bisogni formativi.

L’attività di orientamento può avere un ruolo estremamente rilevante nel prevenire l’insoddisfazione dei propri bisogni formativi e quindi quelle difficoltà che si creano nel momento in cui l’allievo si trova a frequentare un percorso di studi non adatto alle sue capacità e alle sue propensioni. L’orientamento infatti si può tradurre anche come un incipiente e continuo percorso di conoscenza e scoperta di sé stessi, del proprio carattere, delle proprie abilità, delle proprie aspettative e speranze per il futuro. Oltre a ciò l’orientamento può aiutare a far luce sulle proprie attitudini, interessi, metodi di studio, … insomma i propri punti di forza e i propri punti deboli.

Gioco forza è facile comprendere come l’orientamento abbia un ruolo importante nella crescita e nella conoscenza di sé stessi al fine di permettere delle ‘’consapevoli scelte basate su effettive possibilità di realizzazione’’, in tal senso risulta evidente il carattere di prevenzione che l’orientamento può assumere, rispetto a fenomeni quali la dispersione scolastica, l’insuccesso e la frustrazione che ne deriva.

I dati più recenti in merito a ciò indicano che le percentuali si stanno mantenendo grosso modo sul livello degli anni precedenti, anche se ci sono state particolarità specifiche legate alla didattica a distanza e al problema che il rientro in presenza ha significato spesso una concentrazione di momenti valutativi).

Un modo per contrastare questo fenomeno rimane sempre l’importanza del “recupero della serenità, della motivazione e del sentire l’apprendimento come esperienza vitale’’ e il fondamentale supporto del ri-orientamento è necessario proprio per indirizzare gli allievi su percorsi alternativi rispetto a quelli scelti in un primo momento, al fine di evitare fenomeni quali: non essere ammessi all’anno successivo, ritirarsi da scuola prima della fine, abbandoni non formali.

I giovani e la depenalizzazione della cannabis

Per l’ONU la cannabis non è più un rischio: le Nazioni Uniti declassificano la cannabis e la eliminano dall’elenco dei narcotici.

Nuovi Paesi si preparano alla legalizzazione della marijuana. Tale scelta pur condivisibile sul piano terapeutico pone numerosi interrogativi per chi in forza di questa nuova lettura di classificazione pone fondamento la sua azione di liberalizzazione per motivi edonistici e ricreativi. Questa scelta che pone fondamento da situazione ideologiche di scelta di libertà, di combattere la mafia o l’illegalità, di per sé ha un elemento comune deresponsabilizzare il pensiero critico, omologare in un pensiero unico e togliere svuotare di speranza le nuove generazioni. È ormai risaputo che stiamo vivendo la più grande rivoluzione che la storia dell’umanità abbia vissuto, siamo all’interno di una dittatura che se pur non ci obbliga o ci limita noi tutti ci adeguiamo con il nostro modo di pensare di comportarci di entrare dentro ad una dipendenza che ci trasforma le nostre relazioni e rapporti. È un processo che nessuno di noi è in grado di prevedere quali siano nel prossimo futuro la ricaduta. Per questa premessa la decisone dell’ONU riveste una rilevanza che ognuno di noi dovrebbe riflettere sulla ricaduta che avrà o che ha sulle nuove generazioni.

In base alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la Commissione delle Nazioni Unite sui narcotici ha deciso di riclassificare la cannabis, I 53 Stati membri della Commissione hanno votato per la rimozione della canapa dall’elenco delle droghe sottoposte a rigidi protocolli di controllo. La Cannabis, per le Nazione Unite non è una droga, La decisione (passata per un solo voto): «Riconoscerne le proprietà curative» Per l’Onu la cannabis non è più un rischio. Mercoledì, 2 dicembre, la Commissione per gli stupefacenti delle Nazioni Unite ha votato la rimozione della marijuana a scopo medico dalla lista delle droghe più pericolose del mondo. Una decisione che avrà una ricaduta sul nostro sistema sociale in particolare verso il mondo giovanile. Se formalmente assunta per allargare la ricerca sull’uso terapeutico della sostanza, potrebbe avere un impatto decisivo sulla depenalizzazione di cannabis e spinelli. La Commission on Narcotic Drugs, che ha sede a Vienna e comprende 53 Stati, nella sua riunione annuale ha infatti preso in considerazione soltanto una ‘raccomandazione’ del 2019 dell’Oms, che chiedeva di togliere la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione del 1961, dove era elencata insieme a sostanze come eroina e cocaina. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che la cannabis resti nell’Elenco I, quello di livello immediatamente successivo al IV, per «l’alta quantità di problemi di salute pubblica» che provoca. Vari studi dimostrano danni comprovati al cervello, soprattutto per i giovani. La concentrazione del principio attivo degli spinelli che oggi si trova “ nella piazza “ è più che triplicato negli ultimi decenni anche per modificazione genetiche e ciò per creare maggiore dipendenza. Tuttavia è indubbio che il riconoscimento dell’Onu costituisce una vittoria simbolica per i sostenitori del cambiamento delle politiche proibizioniste sulle droghe cosiddette ‘leggere’.

La decisione della Commissione è passata per un solo voto (27 a 25, con un astenuto), perché gran parte dei Paesi asiatici e africani si sono opposti. A favore invece quasi tutti gli Stati dell’Unione Europea (Italia compresa, ma esclusa l’Ungheria) e delle Americhe. Il tetraidrocannabinolo (THC) principio attivo della pianta dovrebbe avere proprietà utili nella cura di Morbo di Parkinson, sclerosi, epilessia, dolore cronico del tumore.

Esultano i movimenti e i partiti anti-proibizionista nella prospettiva non farmacologica della cannabis quando ci metterà per riconoscere la necessità di legalizzare a fini ludici di cannabis e cocaina».

Gli effetti della cannabis sul cervello degli adolescenti. Ma sono ancora poco noti i meccanismi molecolari attraverso cui ciò avviene

Il tetraidrocannabinolo (THC) è il principale costituente psicoattivo della cannabis, quello responsabile degli effetti sul cervello e, in particolare, sulle aree della memoria, del pensiero, della concentrazione, del movimento, della coordinazione, della percezione sensoriale e temporale, nonché del piacere e delle emozione, della gioia e della sofferenza.

Come agisce il THC nel nostro cervello?

Agisce in modo molto simile ai cannabinoidi prodotti naturalmente dal nostro corpo. Il nostro organismo, infatti, ha una sorta di cannabis endogena rappresentata dagli endocannabinoidi: si tratta di neurotrasmettitori di natura lipidica che si legano a recettori presenti in alcune aree del cervello (quelle associate alla cognizione, memoria, appetito, piacere, alla coordinazione e percezione del tempo) e, così facendo, provocano tutta una serie di effetti.
Il THC si lega agli stessi recettori degli endocannabinoidi e, attivandoli, influenza le stesse zone del sistema nervoso. La mia riflessione si focalizza sull’adolescenza perché è la fase in cui il nostro cervello è in continua crescita a svilupparsi e costruire connessioni, periodo in cui si vivono le esperienze affettive e della sessualità, in cui il confronto con i pari riveste una dimensione di esperienza unica per la formazione dell’uomo. È importante capire gli effetti, anche collaterali, del THC sul nostro corpo a distanza di anni per rispondere a chi considera la cannabis una sostanza per cui non crea alcun problema, secondo cui hashish e marijuana “non sono droga”, e non esistono di conseguenza problemi derivanti da essi.

EFFETTI DELLA CANNABIS I derivati della cannabis sono ricercati come droga ricreativa perché producono un’ alterazione dello psichismo, consistente in una modificazione dello stato di coscienza, con euforia, rilassamento, cambiamenti nelle percezioni quali distorsione del senso del tempo e intensificazione delle normali esperienze sensoriali, come mangiare, ascoltare musica, guardare film, fare sesso. Usato “socialmente” provoca riso contagioso e parlantina sciolta. Dall’assunzione di cannabici derivano effetti cognitivi marcati sulla memoria e sulle associazioni. Sono allentate le funzioni di controllo motorio e il tempo di reazione. E’ tipica una disinibizione psicologica che si associa ad una disinibizione comportamentale. Accanto alle reazioni “desiderate”, spesso se ne producono di “non desiderate”, specialmente nei “fumatori” poco esperti, come ansia, reazioni di paura fino al panico, terrore di “uscire pazzo”, sentimenti acuti di disforia e di depressione.

IL PROBLEMA CLINICO Secondo Hall e colI (1995), autori della più recente, equilibrata, aggiornata, e discussa (AA.VV. 1996) monografia sugli effetti dell’uso di cannabis, le conseguenze acute e croniche, fisiche e psichiche, possono essere riassunte come segue. Effetti acuti • Ansia, disforia, panico e paranoia, specialmente in “fumatori” non sperimentati o in soggetti che ricevono THC a fini terapeutici. Anche “fumatori” esperti possono subire fenomeni del genere dopo ingestione orale di preparati di cannabis. • Compromissione cognitiva, soprattutto a carico della memoria e dell’attenzione. La memoria a breve termine è compromessa e le associazioni mentali sono allentate. Questo distacco dalla realtà contingente è la base dello sviluppo di piacevoli vissuti fantastici mentre rende difficile sostenere una attività psichica finalizzata. Compromissione di funzioni psicomotorie, con aumento del rischio di incidenti se una persona intossicata guida un autoveicolo.

Mettere sullo stesso piano la farmaceutica della THC ottenuto dalla cannabis e la sua legalizzazione come sinonimo già precedentemente definito di libertà e di svago è una mera azione per rendere il futuro compromesso di molti giovani.

I giovani e la D.A.D.: Una riflessione nata dal confronto con studenti e genitori

Ormai da qualche settimana anche per gli studenti veneti di ogni ordine e grado è ripiombato l’obbligo di seguire le lezioni da casa attraverso lo strumento della didattica a distanza (D.A.D.). Fatto che non riguardava tutti gli allievi fin dal marzo del 2020. Infatti finora solamente gli studenti delle scuole superiori usavano lo strumento delle videolezioni gestendo così la didattica. A parte per qualche particolare istituto dove la presenza diventa necessaria per l’esperienza in laboratorio.

Ma qual’è l’opinione in merito alla D.A.D.? Quali sono gli atteggiamenti e cosa pensano i ragazzi sulle videolezioni? Che effetti sta avendo nella formazione degli allievi sia per l’area degli apprendimenti che sulla crescita personale?

In questo periodo di Pandemia, noi operatori del centro COSP-ASTORI abbiamo avuto la possibilità di incontrare e interagire con gli allievi delle classi prime e seconde superiori all’interno del progetto formativo sull’emergenza COVID “Raccontati un po’”, facendoci un’idea su alcuni effetti e ricadute del D.A.D. La prima impressione generale è che le opinioni siano quasi in parità fra chi preferisce la D.A.D. e chi invece previlegia l’apprendimento e la lezione in presenza. La percentuale degli studenti che preferiscono la presenza è leggermente maggiore, ma non ha una incidenza così rilevante come ci si poteva aspettare. Questo ci ha fatto riflettere sul fatto che i ragazzi tendono a considerare la D.A.D. sotto due aspetti differenti: gli apprendimenti da una parte e il poter stare insieme con i compagni in presenza dall’altra. Dal punto di vista della didattica e degli insegnamenti emerge che i giovani preferiscono le lezioni a distanza in quanto riescono a gestire in modo più semplice il carico di lavoro e le spiegazioni con gli insegnanti. Eccezion fatta per alcune materie per loro più difficili.

Dall’altra però, pesa molto che non andando a scuola sono limitati nel poter vedere, vivere e incontrare i propri compagni. Spesso i loro interventi manifestano il dispiacere di non poter stare assieme, né confidarsi, ridere, o scherzare. Così come scambiarsi un abbraccio, o magari mangiare un panino assieme. Cioè poter condividere, aspetti e realtà della loro vita, con quelle persone che sentono più vicine: i propri amici. E poterlo fare “in presenza, in vicinanza”. La mancanza della “classe come luogo di relazione, confronto e crescita” emerge come un peso e quasi una sofferenza per la maggioranza delle opinioni.

I genitori invece, oltre a condividere queste apprensioni, in maggioranza si preoccupano per la qualità degli apprendimenti temendo un atteggiamento meno impegnato rispetto a quando i figli erano in presenza. D’altro canto non si può non sottolineare che emergano alcuni segnali di rilassamento e di disattenzione negli allievi, motivati anche dal fatto di svolgere le lezioni nella “comodità della propria stanza”. In tal senso sembra che la mancanza di quegli stimoli quotidiani legati all’alzarsi presto la mattina, prepararsi ad uscire, spostarsi per andare a scuola rischiano di incidere sull’atteggiamento dei ragazzi sulle lezioni da seguire, per cui per alcuni la D.A.D. sta diventando una “forma di lezione meno seria”, più distaccata dalla realtà a cui erano abituati. Vuoi per il periodo, vuoi per l’età (14-16 anni) l’attrazione verso le cose più comode e meno impegnative sembra risultare per alcuni un coefficiente importante e negativo, nell’equazione “scuola uguale studio uguale impegno”.  Quasi fossero in attesa di tempi migliori.

La D.A.D. per la maggioranza degli allievi sembra comunque una valida e possibile soluzione rispetto la necessità di protezione dall’emergenza che stiamo vivendo. Ma questa scelta non può sostituire tutte quelle relazioni, contatti e vicinanze proprie del condividere momenti ed esperienze di socializzazione che i ragazzi cercano e di cui hanno così bisogno.

In aumento le richieste di separazione e divorzio

In questo periodo già colmo di incertezze e inquietudini dovute alla pandemia Covid19, è emersa una nuova emergenza che colpisce il cuore del matrimonio e di conseguenza l’integrità delle famiglie.

I dati specializzati ci riportano che, proprio successivamente ai mesi di marzo e aprile 2020, presso gli uffici preposti, sono incrementate sensibilmente le richieste di separazione e di divorzio. Tra queste domande purtroppo sono incluse anche le situazioni di violenza domestica che richiedono interventi e prese di posizione da parte delle autorità e dall’intera comunità, in quanto non devono essere assolutamente ignorate e/o minimizzate.

Ma alle altre coppie cosa sta accadendo? Dove ricercare i motivi della crisi coniugale?

Una prima causa oggettiva è senz’altro da attribuire alla “stretta ed obbligata convivenza familiare” imposta dal lockdown, che in alcune situazioni ha facilitato l’accendersi di continui litigi tra i coniugi, dando spazio e sfogo a tutte quelle tensioni sepolte e sopite, che erano state fino a quel momento quantomeno gestite, e in un certo senso controllate, quando la vita quotidiana ante-Covid concedeva libertà di movimento fuori dalle mura domestiche, distanza, indipendenza ed autonomia tra i conviventi.

Indubbiamente su questi litigi avranno pesato anche le preoccupazioni legate alla situazione lavorativa, alle difficoltà economiche possibili, ai rischi per la salute propria e delle persone amate. Così come il senso profondo di paura e smarrimento provato nell’ascoltare e leggere le continue notizie sulla situazione sanitaria. Tutto ciò può aver generato un livello tale di frustrazione che poi si è scaricato all’interno della famiglia e sul legame di coppia.

Infatti per alcuni matrimoni, questo insieme di fattori è esploso in forti litigi, incomprensioni quotidiane anche per i più futili motivi, che hanno portato al desiderio urgente di rottura della relazione. Tanto urgente che, appena è stato possibile con la riapertura delle attività e degli uffici post-lockdown, si sono avviate subito le pratiche per la separazione. Sembra quasi che “il patto coniugale” sia diventato la metafora “del vivere rinchiusi e limitati dal lockdown”. Cosicché appena si è avuta la possibilità di uscire di casa e di riprendere il controllo sulla propria vita, si sia percepita anche l’esigenza di “liberarsi da ogni limitazione” compreso un matrimonio in difficoltà, tutto in estrema velocità, senza lasciarsi del tempo per comprendere ed analizzare ciò che si stava vivendo e le emozioni che si stavano provando.

Ora è vero che non tutte le coppie hanno ferocemente litigato nel periodo più cupo del “tutto chiuso”.  Anche se più di qualcuna aveva in sé qualche conto in sospeso.

Ma ciò che stupisce è il modo con cui si è affrontata questa situazione. Le coppie evidentemente più fragili, che vivevano crisi e conflittualità, hanno perso del tutto l’equilibrio della loro unione. Indubbiamente la convivenza porta alla limitazione dei propri spazi e all’esercizio di una maggiore dose di pazienza, calma e rispetto reciproco. Ma questo aumento in dati percentuale delle richieste di separazione e divorzio, suppone che i matrimoni venivano in realtà già percepiti come un “contratto sociale” più che come un sacramento, e così il legame consacrato come indissolubile, sul quale fondare la famiglia, si è affievolito diventando un “prodotto da consumare” finché se ne ha voglia e fintanto che piace, svuotandolo dei suoi valori e dei suoi significati profondi, a favore di un atteggiamento solo di superficie ed essenzialmente nichilista e in parte rinunciatario.

Mentre, proprio in questo periodo, pare necessario radunare attorno a sé tutte le forze positive, le buone relazioni e anche quei valori un po’ dimenticati, per riuscire ad affrontare non solo i problemi della vita quotidiana all’interno della coppia, ma anche le difficoltà e i pericoli che ci vengono paventati dalla realtà che stiamo vivendo.

E’ primariamente necessario recuperare la pazienza, la forza, la condivisione, la sana chiacchierata, lo stringersi alle persone importanti, per sentire e riscoprire dentro di sé le vere motivazioni che aiutano ad affrontare la vita e queste difficoltà, comprese quelle sempre esistite, ma ogni volta nuove, del matrimonio.